Viaggio nei misteriosi e oscuri meandri della mente. Intervista a Pier Luigi Luisi

Viaggio nei misteriosi e oscuri meandri della mente

Intervista a Pier Luigi Luisi

a cura di Luca Carbonara

Lei è un uomo di scienza, un chimico, abituato da sempre al rigore del ragionamento scientifico, all’applicazione del suo metodo, allo studio e alla comparazione dei dati, all’analisi della struttura atomica della materia e delle forze che la governano come allo scandaglio degli elementi che la compongono. Ma se da un lato è legato, anche giocoforza, a una visione meccanicistica della realtà fisica e naturale e delle leggi che le regolano, la sua produzione letteraria e artistica rivela come la mente rappresenti il centro nevralgico dei suoi studi e interessi. Che cosa è e che cosa rappresenta per lei la mente e come ha imparato a interpretarla e a interagire con essa?

Non sono legato affatto ad una visione meccanicistica della vita, anche se nei miei anni lontani di gioventù ho lavorato sperimentalmente sulla origine della stessa. La spiritualità in particolare non può essere esclusa dal gioco, perchè è parte della vita. Io e il mio gruppo di amici scienziati insistiamo sul concetto di visione sistemica (si veda anche il mio libro con Fritjof Capra, Vita e natura, pubblicato da Aboca), ovvero su una integrazione tra le varie discipline. Guai a isolare una disciplina dall’altra: vederne solo una alla volta vuol dire perdere la visione d’insieme.

Il suo romanzo I lampi tranquilli della mente edito da FuoriStampa.it che appare a tutti gli effetti come una sorta di opera cardine, architrave della sua stessa produzione, polisemantica, summa del suo pensiero e delle sue “visioni”, disegna la parabola esistenziale di Marcel, l’irrequieto scienziato protagonista alle prese con le sue ricerche scientifiche focalizzate sulla genesi, proprio nella mente, delle “immagini asignificative”, immagini cioè che non hanno nulla a che vedere con ciò che sta accadendo nel momento in cui compaiono. La possibilità di riprodurre la rete neuronale sullo schermo di un computer sembra convincere lui e il suo gruppo di ricerca della possibilità di interpretarle e classificarle attraverso il loro esame statistico e dunque per il tramite di un approccio e di un’impostazione razionale e scientifica. Ma le successive scoperte come quelle relative al linguaggio del corpo, alla sua memoria, mineranno le sue convinzioni orientandolo verso una conoscenza “altra”. Come è nato in lei questo singolare interesse e di che cosa sono sintomo in ultima analisi queste immagini?

Il nodo principale del libro è il dubbio che si è oramai inserito nella mente di Marcel, un dubbio esistenziale sul suo stesso credo (si pensi, ad esempio, ai colloqui con il vecchio). La vita, scopre Marcel, è molto di più delle immagini asignificative, ma se ne accorge quando è oramai troppo tardi, e forse quando ha perduto tutto. Ma nel libro rimane il dubbio del lieto fine.

Numerose sono le questioni e le tematiche poste sul tappeto dall’efficace e coinvolgente sviluppo narrativo di questa storia che sembra declinarsi stlisticamente a flusso di coscienza. La perenne inquietudine del protagonista sempre alla ricerca di una stabilità affettiva, tormentato com’è periodicamente da un nodo alla gola, una ricerca spasmodica che sembra risolversi per poi ricominciare. La questione del Tempo, della sua inafferrabilità e fugacità, “è sempre più tardi di quel che pensi”, il passato che ritorna perché irrisolto, Il Buddismo con la sua necessità di un pensare e di un sentire consapevoli, la via salvifica della meditazione. E le immagini più o meno nitide soprattutto di volti che ritornano e alla cui ineluttabile visione il protagonista decide di abbandonarsi e adattarsi. In che rapporto è la mente con la coscienza e con il sentimento?

Questa è una domanda troppo complessa per essere discussa in due frasi. La coscienza viene prima di tutto – come mostra, a questo proposito, il nuovo libro di Federico Faggin Irriducibile, pubblicato da Mondadori (in soli sei mesi ha venduto 47mila copie). La mente è qualcosa di diverso, mentre coscienza e feeling, sentimenti o qualia, sono affini.

Crede in una visione antroposofica dell’esistenza, alla presenza cioè di un mondo spirituale che si può osservare e comprendere tramite un’osservazione animica, attraverso il metodo delle scienze naturali?

L’importante è non fare distinzioni tra i diversi mondi: ce n’è uno solo e forse – si veda ancora Faggin – è quello basato sulla coscienza, il mondo interno (quello eterno è il prodotto della mente).

Le visioni tipiche del pensiero magico che accadono nella vita di tutti i giorni richiamano il concetto di sincronicità e l’archetipo dell’inconscio collettivo. Quanto è importante e come è possibile conoscere e accedere a quel sapere assoluto costituito da un inconscio collettivo così ricco di archetipi?

Secondo molti, ci si arriva solo attraverso esperienze trascendenti, come la meditazione e le mezze illuminazioni.

Riuscirà Marcel, come sembra a tutti gli effetti al termine della sua ennesima ricerca, a trovare la sua pace interiore e l’amore?

Come dicevo, c’è la possibilità di un lieto fine. Questo è sempre possibile, ed è il bello della vita.

Quali sono i suoi programmi futuri?

Sto ancora abbastanza male a causa di troppi vaccini, e banalmente nel mio immediato futuro c’è il desiderio di tornare normalmente sano. E dico non poco.

 

 

 

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