Sonorità e/è voce. Il racconto immaginifico di Chi è Antelope Cobbler?
Intervista a Marco Cesarini
a cura di Luca Carbonara
Come nasce Marco Cesarini a un tempo musicista, polistrumentista e compositore?
Ho iniziato a suonare la chitarra quando avevo undici anni, passai anche al basso e mi dedicai a quello per molto tempo. Mi sono sempre sentito un compositore, mia madre mi comprò, quando avevo sedici anni, il QY100 della Yamaha che sostanzialmente era un sequencer con suoni midi che andava anche a batterie – tra l’altro recentemente ho visto un video di BJORK degli anni Novanta che usava lo stesso modello per comporre – all’epoca stavo scoprendo compositori come Morricone e Hermann e anche la passione per il cinema nasceva nello stesso momento, tiravo giù a orecchio alcune delle loro composizioni, ho iniziato così. Poi nel tempo ho studiato privatamente composizione con Enzo Bocciero e ho frequentato l’Accademia Di Musica Moderna (AMM), mentre militavo in diverse band, frequentando molti generi, il fatto di suonare più strumenti è stato un processo abbastanza naturale, da molto piccolo sono partito dal Grunge, poi sono passato al jazz rock, al jazz più classico, cercavo di tenere in allenamento la testa spaziando su più cose.
L’immaginazione è la grande protagonista, il deus ex machina, il motore immobile che muove e dà vita alle trame del suo racconto che richiama il respiro di una grande epopea. Quali sono le fonti di ispirazione e gli archetipi di una così fervida fantasia?
Le motivazioni sono molteplici, credo riguardino più che altro un metodo di lavoro, nel senso che ogni volta che inizio a scrivere un disco, faccio uno studio abbastanza sistematico sull’argomento che voglio trattare, un po’ come se oltre alla musica stessi sviluppando un romanzo o un film, o tutte e due le cose, mi sembra, che più vado avanti e più questa metodologia stia diventando strutturata e razionale, all’inizio era un metodo molto più grezzo e istintivo. In questo modo le mie fonti di ispirazione diventano molteplici, ed essendo un grande amante del cinema e di conseguenza delle colonne sonore tendo a voler raccontare attraverso una musica evocativa, quindi mi sforzo di creare delle scenografie armoniche dove far muovere i miei personaggi. Lo stimolo di una rilettura del Noir viene dalla mia passione per il regista David Lynch, in molta della sua produzione si può notare come lui sia riuscito a rileggere il noir inserendo una sua simbologia, la mia domanda è stata “Puoi fare lo stesso con la musica?”, a quel punto non mi rimaneva altro da fare che provarci. Mentre compongo, oltre a scrivere musica, riempio quaderni di appunti, suggestioni, pensieri, mi piace creare personaggi e “Henry McLusky” è nato in modo molto naturale, come un funesto demiurgo mentre la musica prendeva forma, a fianco ad essa, senza saperlo, stavo sviluppando anche un racconto.
Il suono prima ancora della voce, quasi a voler anticipare il sacro incipit di Giovanni, in principio era il verbo, i suoi strumenti sono protagonisti assoluti delle sue partiture musicali che rivelano un’insistita ricerca dell’espressività e si direbbe quasi della personalità dei suoni con la loro timbrica, ritmica e armonia. Perché questa scelta di una musica strumentale?
Ho scelto di fare musica strumentale perché mi piace la composizione e comporre per determinati strumenti mi affascina molto, non disdegno la voce, ci mancherebbe, anzi mi piacerebbe un giorno poter scrivere anche per lo strumento vocale, diciamo che ancora non credo sia il momento. Quello che mi affascina della musica strumentale in tutte le sue forme, è che puoi in qualche modo seguirne il flusso, ti permette di immaginare oltre che di provare emozioni, non c’è la parola che definisce, che indica la direzione al fruitore, e come se nella musica strumentale per quanto possa essere chiara e definita ci sia un certo spazio di manovra anche per chi ascolta. La composizione, come molte altre forme artistiche secondo il mio punto di vista, si basa su un gioco di equilibri, trovare la melodia giusta, la giusta suddivisione ritmica, i timbri, le dinamiche e via dicendo, sono tutti aspetti che formano la struttura che poi diventerà il brano finito, ed è sempre molto affascinante “speculare” su questa magia.
Il 12 aprile u.s. è uscito per l’etichetta musicale nusica.org il singolo Cani randagi come anteprima del tuo album Chi è Antelope Cobbler? in uscita il 18 aprile. Ripensando alle ballate e ai paradigmi della visione di maestri come Bob Dylan e Fabrizio de André come alla visionarietà e surrealtà di David Lynch, chi sono i cani randagi e chi è Antelope Cobbler?
Credo un po’ a malincuore che i “Cani randagi” siamo noi, o meglio, io molto probabilmente lo sono, non sto dando a questo titolo un’accezione negativa, la considero più che altro una costatazione. Stiamo vivendo un momento storico veramente complesso, non voglio addentrami troppo in alcuni argomenti che richiederebbero molto tempo, voglio solo dire che è abbastanza evidente che viviamo sempre più isolati l’uno dall’altro, la controcultura è svanita, l’underground forse non del tutto, ma buona parte è stato assorbito dal mainstream, le persone che facevano parte di movimenti alternativi ci sono ancora ma sono divisi tra loro, manca comunicazione ma soprattutto una comunione d’intenti. I Cani randagi sono le persone che sentono di non appartenere più a questi luoghi, che si sentono eterni stranieri, anche nei posti dove dovrebbero sentire “odor di casa”, che sentono di non aver preso veramente parte alla costruzione di questo momento storico. In mezzo a questo ampio bacino di utenza, ci sono anche gli ultimi, gli esclusi. Anche se i diretti interessati non lo sanno, una parte di me scrive per i reietti, sento sempre una certa vicinanza verso chi non riesce a stare dentro alle regole del gioco, che spesso sono spietate e non hanno molto a che fare con la Cultura. Il noir se ci pensi ha sempre preso in considerazione dei contesti socioculturali marginali, gli ambienti più bassi della società, ha avuto il merito di inserire tra i suoi protagonisti degli antieroi in cui molti potevano rispecchiarsi. Nella domanda di prima parlavo di voce e in qualche modo del testo, nella mia musica non ci sono testi cantati quindi l’interpretazione da parte di chi ascolta può raggiungere lo stato più alto, come con la musica, nel titolo cerco di avocare dei concetti, infatti per questo disco abbiamo realizzato una sorta di “Libretto” che attualmente è possibile consultare online nel sito di Nusica.org, i testi scritti da me che raccontano una storia divisa in sei capitoli come le tracce del disco, un compendio narrativo. Inoltre, per questo brano Filippo Biaginati (film maker e documentarista) ha realizzato un videoclip, siamo partiti dal testo per sviluppare una narrazione visiva. Consiglio vivamente la visione del videoclip sul canale Nusica.org, forse in quel connubio di immagini e musica ci sono molti più simboli e archetipi di quelli che sono riuscito ad esprimere ora con le parole. Per quanto riguarda Antelope Cobbler, la sua identità ancora non può essere svelata, nel secondo volume, le carte verranno mostrate. Forse!
Chi è Antelope Cobbler?, progetto-audiovisivo multiforme e visionario, l’album in uscita il 18 aprile p.v. a cui hanno collaborato nella formazione Uqbar Orchestra: Jean Gambini (sax tenore e contrabbasso), Andrea Angeloni (trombone, tuba e eufonio), Davide Mazzoli (batteria), Giacomo Del Monte (percussioni). Naima Gambini (violino) e Marco Rossi (violoncello), oltre ad essere un’opera polisemantica è anche un’opera polisemica essendo impreziosito dalle illustrazioni dell’artista Aliena Wrobleski, alias Margherita Baldelli. Come è nata l’idea di questa sinergia e di questo mutuo dialogo tanto fertile e ricco?
Sicuramente alla base c’è un interesse comune nei confronti della musica originale e della commistione tra diverse forme artistiche, inoltre credo che in provincia molti musicisti abbiano bisogno di persone che provino a costruire una musica che coinvolga anche altri, questo ovviamente non basta, ci vogliono anche le strutture per fare in modo che il lavoro abbia un suo riscontro con il pubblico. I nomi che hai elencato sono tutti musicisti con cui ormai collaboro da un po’, ci siamo semplicemente trovati, non serve dire che un compositore senza qualcuno che in qualche modo appoggia la sua idea non andrebbe da nessuna parte, nel mio caso ho incontrato musicisti molto professionali e preparati, non poteva andarmi meglio, se poi aggiungiamo che nella musica che ho scritto c’è uno spazio rilevante dedicato all’improvvisazione avere dei musicisti così è fondamentale. Per quanto riguarda le altre discipline, da sempre cerco di lavorare con altri, la mia compagna è un’artista visuale e pittrice, con lei collaboro da tanto, sarebbe strano il contrario, invece Filippo Biagianti è un regista molto bravo, abbiamo sviluppato diversi progetti insieme, quello che stiamo facendo ora è la conseguenza naturale di quello che c’è stato prima. Davide Mazzoli il titolare del “ClaySound Studio” è un caro amico e con lui ho veramente condiviso molti palchi e molte band, in questo caso ha anche coprodotto il disco e oltre ad essere un batterista formidabile è anche un fonico molto preparato.
Marco Cesarini & Henry Mclusky, nome del tuo stesso eteronimo, a sottolineare la tua verve immaginativa e creativa, sembrano cercare attraverso la musica la verità dell’invisibile, l’ascolto dell’inudibile e dell’indicibile, la plausibilità dell’irrealtà come l’inconsistenza e la vacuità del “reale”. Si può sintetizzare in questo l’essenza del tuo percorso e della ricerca a un tempo musicale ed esistenziale?
Si credo che quello che hai scritto sia perfettamente in sintonia. Per me la cosa fondamentale è riuscire a creare un mio mondo fatto di simboli e suoni, ma non un mondo chiuso, qualcosa che sia plastico come quello che è successo per questo lavoro, che lasci la possibilità al mutamento, non deve essere granitico.
Quali sono i tuoi programmi futuri?
Il futuro è molto incerto per chi fa questo tipo di ricerca, almeno in Italia è così, ancora di più in provincia, diciamo che sono molto contento di essere arrivato fino a qui e di aver incontrato sul mio cammino Nusica.org, la loro professionalità è arrivata al momento giusto. Di certo in questo momento ci sono alcune date in alcuni festival jazz e non solo, inoltre il secondo volume che sarebbe il continuo di Chi è Antelope Cobbler? è già pronto, manca solo il missaggio, diciamo che ci siamo portati avanti con il lavoro. Sicuramente nelle mie intenzioni c’è la voglia di continuare a comporre e continuare a condividere la musica con altre persone, soprattutto con altre discipline artistiche, in passato mi è capitato di lavorare con il teatro e ho sonorizzato alcuni documentari, mi sto muovendo e spero di riuscire a fare più esperienze nel campo delle sonorizzazioni per il cinema e per il teatro.