L’Associazione per il rinnovamento della sinistra al crepuscolo della globalizzazione
L’ARS nacque, sul finire degli anni Novanta, grazie a un’iniziativa promossa -tra gli altri- da Aldo Tortorella e Beppe Chiarante. L’intento era quello di far dialogare i soggetti politici della già allora frastagliata galassia della sinistra dopo l’abbattimento del Muro di Berlino e le divisioni che ne seguirono.
La nuova fase dell’associazione non può, dunque, che aprirsi con lo stesso intento. Il quadro politico e internazionale è radicalmente mutato rispetto a un quarto di secolo fa: non esiste più la fiducia, acritica e inevitabilmente dannosa, che caratterizzava l’epoca della globalizzazione.
Al contrario, l’Occidente è in preda – per converso- a una sfiducia nella democrazia, nelle istituzioni e persino nelle Costituzioni democratiche del Dopoguerra. Non potremmo inquadrare questa fase, tuttavia, se non comprendessimo le ragioni del disastro. A nostro giudizio, queste ultime vanno ricercate proprio nel Washington Consensus e nel suo fallimento. Dopo l’89, abbagliato dall’utopia della “fine della storia”, l’Occidente si è illuso di poter dominare il mondo, assumendo una posizione egemonica che ha finito con il provocare squilibri di cui oggi stiamo pagando a caro prezzo le conseguenze. La globalizzazione capitalista e senza regole, infatti, risvegliando gli “spiriti animali” del mercato e di un padronato mai così aggressivo e irresponsabile, ha provocato tali e tante disfunzioni nel sistema mondiale da generare la furia di quelli che Fanon chiamava “i dannati della Terra”. Possiamo inquadrarli anche così i conflitti che stanno insanguinando il pianeta: dall’Ucraina alla Striscia di Gaza, mentre si riacutizzano le tensioni a Taiwan e l’Africa costituisce una polveriera pronta a esplodere da un momento all’altro. Saremmo, tuttavia, scorretti se non ponessimo alcune distinzioni. La definizione di “dannati della Terra”, infatti, si adatta perfettamente alle condizioni disperate in cui sono costretti a vivere i gazawi e alcuni popoli africani mentre la questioni ucraina attiene, da un lato, alle mire imperialiste di Putin, dall’altro all’oggettivo tradimento, ad opera dell’Occidente, del patto stipulato, a suo tempo, con Gorbačëv, il quale prevedeva il non ampliamento della NATO, portata invece, nei “ruggenti” anni Novanta ai confini della Russia, attraverso l’ingresso della Polonia e dei paesi baltici. Senza dimenticare le vicende dell’ultimo decennio, che in Israele hanno visto l’ascesa di una destra fondamentalista e neo-coloniale di cui persino la Corte internazionale dell’AIA ha riconosciuto l’intento genocidiario ai danni del popolo palestinese, mentre in Ucraina hanno visto l’affermazione di élite di potere alquanto discutibili ammantate di modernismo filo-occidentale. Lungi da noi ogni forma di simpatia per Putin, ma desideriamo tenerci alla larga anche dalla propaganda di un certo estremismo atlantista, più che mai dannosa per lo stesso popolo ucraino, oltre che per il raggiungimento se non della pace, quanto meno di una tregua.
Vanno, dunque, lette in tale chiave anche le nuove alleanze anti-occidentali che si stanno formando. Il dialogo, sempre più stretto, fra la Russia e la Cina, con un sincero interessamento dell’India, ci pone di fronte a un blocco non granitico ma sempre più interconnesso, composto da oltre tre miliardi di persone. Quest’alleanza viene, convenzionalmente, chiamata “BRICS”, dai nomi dei cinque paesi fondatori, ma si sta estendendo sempre di più, abbracciando una parte significativa di quello che un tempo veniva definito il “Terzo mondo”. Sottovalutarla sarebbe, insomma, un errore imperdonabile, specie se si considera che la sentenza all’AIA è stata ottenuta grazie all’impegno in prima persona del Sudafrica, un paese essenziale negli equilibri presenti e futuri del mondo.
Questa giornata di incontro, confronto e dialogo vuole ampliare lo sguardo, andando al di là delle nostre vicende nazionali e delle imminenti scadenze elettorali; nonché interrogandosi sul ruolo che la sinistra dovrà esercitare nel mondo nel prossimo decennio.
Il multipolarismo è l’antidoto migliore alla policrisi nella quale siamo immersi. La conclusione che possiamo trarne è soltanto una: le vicende del biennio ’99-2001, con la sconfitta dei movimenti alterglobalisti battezzati a Seattle, dove nacque il “Movimento dei movimenti”, e massacrati a Genova, ha lasciato sul cammino macerie morali e materiali. Da quel tracollo della speranza si sono sviluppate tre correnti di pensiero: la prima è rappresentata dai cantori acritici dello status quo, ignari del fatto di non aver più presa sull’opinione pubblica e talmente arroganti da non comprendere i segnali premonitori che fenomeni come la Brexit hanno inviato negli anni precedenti; la seconda è rappresentata dalle chiusure grette e pericolose del sovranismo, che ha in Trump la sua massima espressione e che rischia di condurre gli Stati Uniti sull’orlo di una potenziale guerra civile; infine ci siamo noi, favorevoli a un altro modello di globalizzazione, sviluppo economico, rapporti internazionali e approccio a questioni stringenti, dai cambiamenti climatici alle crisi pandemiche. Senza conoscere Genova, non si possono comprendere i movimenti attuali, la sedimentazione che sta dando i suoi frutti in questi anni, benché due decenni di divisioni, e talvolta di errori, ci abbiano condotto nelle condizioni che vediamo. Ai nuovi e originali movimenti che stanno nascendo o sono già ben sviluppati, tuttavia, abbiamo il dovere di tendere la mano, riannodando i fili e mettendo la nostra associazione al servizio dell’intera comunità della sinistra.
Su simili basi teoriche e pratiche vorremmo provare a costruire un’alternativa, rilanciando l’idea che un altro mondo sia ancora possibile e più che mai necessario, “sfidando il capitalismo”, come ci invitavano a fare, a suo tempo, Marx ed Engels e come ci invita a fare adesso Bernie Sanders nel suo nuovo saggio, e rilanciando l’idea di quello scambio di proposte e visioni che è alla base della globalizzazione delle persone, in netto contrasto con la globalizzazione finanziaria e delle merci che, purtroppo, ha egemonizzato il potere, anche a sinistra, nell’ultimo trentennio.
L’appuntamento è per il 31 gennaio a Roma, in mattinata (dalle 9 alle 13) a Santa Maria in Aquiro (piazza Capranica) e nel pomeriggio presso la Fondazione Basso (via della Dogana Vecchia), per discutere di questi e altri temi, nella speranza di ricostruire quell’unità progressista tanto sognata.