Odissea di una rinascita. Intervista a Valentina Venti

Odissea di una rinascita
Intervista a Valentina Venti
a cura di Luca Carbonara

Valentina Venti

Chi è Valentina Venti, docente di lettere e scrittrice, oggi, in un
presente sempre più grigio e sordo, preda di violenze, egoismi,
individualismi e revanscismi?
Valentina Venti è semplicemente una donna che ha fatto una scelta. Ad
un certo punto ha deciso di aprire le porte della sua vita e di permettere
a tutti di sbirciare nei suoi pensieri e nelle sue emozioni.
Lavorando a stretto contatto con gli adolescenti ed essendo mamma di
due ragazze di diciotto e tredici anni, la visione di un futuro incastrato in
immagini alterate e realtà distorta ha iniziato ad inquietarmi. Non ho di
certo né la possibilità né la sfrontatezza di dire che posso cambiare la
nostra società, ma posso scegliere di giocare con gli opposti e se tutto
attorno a me è grigio, allora io divento colorata. Se dilaga l’egoismo, io
fondo la mia esistenza sull’altruismo. Se tutti tendono all’individualismo,
io tiro fuori la parte più empatica di me. In questo modo sicuramente non
illuminerò il mondo intero, ma se anche una sola persona, osservando le
mie scelte e le mie azioni, deciderà di fare lo stesso, allora avrò
conferma di aver fatto la scelta giusta.
In fondo, la vera rivoluzione non parte dai grandi proclami, ma dalle
piccole azioni di ognuno di noi. Ed io voglio continuare ad essere una di
queste piccole azioni.

Lei è una letterata, da sempre studiosa e amante dei libri che ha
imparato ad amare e a curare salvaguardandone l’integrità e la
conservazione come monumenti e testimoni del tempo. Come è
nata in lei questa passione così viscerale che ha coltivato fino a
farne un’autentica vocazione?
Grazie ad una mamma, a un libro e ad un professore.

Sono nata e cresciuta circondata da libri perché mia mamma è sempre
stata una grande lettrice. Uno dei primi ricordi che ho, quando vivevamo
in un appartamento all’ultimo piano di un palazzo del Centro Storico di
Sulmona, è lei che lava i piatti mentre legge un libro incastrato tra i
pomelli del rubinetto del lavandino. E, in sottofondo, Maria Callas o Tito
Gobbi o Giuseppe Di Stefano. La passione per le parole e i libri è nata in
quei ricordi, come una sorta di imprinting.
Poi determinante è stata la lettura di “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury
quando avevo più o meno quattordici anni. C’è un passaggio in questo
romanzo che possiamo definire di spannung: un’anziana donna
preferisce morire bruciata viva con i suoi libri piuttosto che vederli
distruggere dai pompieri. È esattamente in quel momento che Montag, il
protagonista, ruberà di nascosto un libro per poi leggerlo in casa,
scatenando quel moto di consapevolezza che sfocerà dirompente nel
finale. Penso di aver riletto quelle poche pagine almeno dieci volte! E
continuo a leggerle, a voce alta, in tutte le aule in cui ho la fortuna di
poter insegnare.
E poi, dieci anni dopo, c’è stato “il prof”, un anziano professore di Lettere
del Liceo Classico che cercava una lettrice perché ormai quasi cieco. Fui
scelta io perché me la cavavo bene con la lettura in metrica del greco e
del latino. Il suo studio era un mondo magico. Il prof ricordava
perfettamente la posizione di ogni volume ed io ricordo ancora l’odore
dei suoi libri. Insieme abbiamo viaggiato tanto facendoci trasportare da
quelle parole e molto del mio essere insegnante oggi lo devo a lui.
Questi sono senza dubbio i tre pilastri su cui poggia la mia passione per
i libri e tutto questo perché davvero la letteratura può aiutarti nel tuo
percorso di crescita, a volte più di qualsiasi altra cosa. I libri non ti
abbandonano mai, sono lì pronti ad aiutare i tuoi pensieri a ricomporsi e
la tua anima ad elevarsi.

Dalla passione viscerale per i libri alla passione viscerale per la
scrittura: quando e come è avvenuto questo passaggio cruciale,
questa sublimazione?

Il passaggio è stato graduale. Scrivere mi è sempre piaciuto, ma dal
diario personale alla stesura di un libro il passaggio è stato tanto lungo
quanto complesso. Ma complesso nel senso latino del termine, lì dove
“complexus” significa abbracciare e comprendere.
Ho riletto e criticato gran parte di quanto avevo scritto negli anni
precedenti, ma tutto ha portato alla definizione del mio stile.
Fino a quando mi sono ritrovata con una storia pazzesca da raccontare
(la mia!) e a quel punto tutto è stato semplice, perché la mia penna era
già pronta.

Nel suo romanzo d’esordio pubblicato nel 2023 da BookRoad, Per
poi svegliarmi in un quadro, lei si mette a nudo in un racconto
elaborato come un flusso di coscienza, dalla scrittura piana,
limpido, ragionato, equilibrato in un dialogo condiviso pagina per
pagina, momento per momento con i lettori ma il cui interlocutore
principale è lei stessa in un atto unico grondante di coraggio e
umiltà. La realtà, e con essa la vita, imprevedibile, insondabile, non
è mai quella che ci aspetteremmo o desidereremmo: qual è stato il
percorso che l’ha portata ad accettare, affrontare, vivere sotto pelle
la malattia sviscerandone le assurdità, la crudeltà e, se possibile, il
senso?
In qualche modo dovevo sopravvivere. Questo è quanto.
Quello che ho vissuto in due anni e mezzo mi ha fatto perdere l’equilibrio
molto spesso. Guardarsi allo specchio e non riconoscersi, la sensazione
di essere un guscio vuoto senza più nulla di tutto quello che ti rende
donna, fare i conti con i cambiamenti che danno la stessa vertigine di
una capriola in aria. Ad un certo punto ho avuto bisogno di un aiuto.                                     Le persone che mi erano accanto non bastavano più. Io stessa non bastavo più.

E mi sono affidata ad una professionista, una bravissima psicoterapeuta                                che ha saputo darmi gli strumenti giusti per accettare, affrontare e vivere la mia
malattia. Ma il senso no. Quello sono riuscita a trovarlo soltanto scrivendo il mio
libro.

Le storie vere, il sottotitolo del suo libro recita: Una storia vera,
hanno un peso specifico diverso che le rende uniche. Perché? È la
vita vera, insondabile, imprevedibile, inimmaginabile come il
destino?
Perché tutto nasce da un patto che lo scrittore sottoscrive con i suoi
lettori. Quando ci si apre a tal punto da rendere la propria vita un
insieme di parole in cui tutti possono ritrovarsi, è normale che il patto di
sincerità renda tutto unico.
Pensi al mio libro. Non ci sono riferimenti geografici e tutti i
co-protagonisti sono riconoscibili grazie a nomi generici (lui, il pittore, la
collega, l’oncologa, …). Ma con una eccezione, un nome: il mio. Perché
la storia raccontata nel libro è la mia storia ed il lettore deve potermi
ritrovare e riconoscermi e ogni volta che legge il mio nome sa che non
mi sto inventando nulla.
Ci ho tenuto molto all’indicazione “Una storia vera”, così come non è
stato semplice trovare la giusta descrizione nel colophon (Nomi,
personaggi, luoghi ed eventi narrati sono frutto dell’esperienza personale
dell’autore). È un po’ come dire al lettore: “Hey, qui dentro ci sono io. Se
ti va di conoscermi, portami a casa e leggimi”.
E poi, diciamolo, siamo tutti un po’ voyeur…

Che cos’è, che voce, sguardo, colore ha il dolore?
Parliamo di dolore fisico o emotivo?
Riguardo a quello fisico, mi è difficile dare una risposta perché ho
sempre considerato il dolore parte integrante del mio essere, non come
qualcosa di esterno che posso vedere, toccare e descrivere. Esso per me,                soprattutto in questi ultimi anni, è quel compagno di viaggio che mi
avvisa quando c’è qualcosa che non va, che mi mette in guardia e non
mi permette di lasciarmi andare a problemi non reali. Mi sono salvata
almeno in un paio di occasioni grazie all’aver dato ascolto al mio dolore
e di questo ne parlo nel mio libro. Quindi, per coerenza, potrei
rispondere che il dolore ha la mia voce, i miei occhi e i miei colori. Ma di
certo non il mio sorriso.
Riguardo al dolore emotivo, esso è quel qualcosa che ti acceca e ti fa
perdere l’equilibrio, che ti inchioda e non ti permette di evolvere. Ha
presente i Thestral di Harry Potter? I cavalli alati dal corpo scheletrico
che sono visibili solo da chi ha avuto a che fare in qualche modo con la
morte? Bè, nel mio caso il dolore emotivo ha quell’aspetto ed una voce
che scende lungo la schiena come gocce gelate. Ma un giorno la mia
terapista mi disse che era giunto il momento di perdonarmi la mia
malattia ed è ciò che ho fatto.
Il dolore te lo perdoni quando non ti fai sopraffare. E devi farlo o
diventerà rabbia.

Che cos’è e come si vince la paura?
La paura è il frutto della rottura di uno schema.
Tutte le volte che ci capita qualcosa che non ci permette di portare
avanti la nostra vita come l’abbiamo programmata e ci fa perdere il
controllo sugli eventi, ecco che arriva la paura.
Come si vince? Imparando a fermarci. Dobbiamo rallentare e
sorseggiare il tempo che scorre attimo dopo attimo o rischiamo di
perderci. Solo in questo modo gli eventi inaspettati non alterano il nostro
modo di percepire la realtà. Solo così possiamo godere in pieno della
vita.

Che cosa dice la Valentina di oggi alla Valentina di ieri?

Fai un test genetico e non rifiutare mai un invito per un caffè o un
aperitivo!
Scherzi a parte, la Valentina di oggi di certo consiglierebbe a quella di
ieri di accettare ciò che accade con maggiore leggerezza.
Ero sempre troppo arrabbiata, troppo coinvolta e poco lucida per godere
ciò che di bello mi accadeva. Mi lamentavo spesso per tutto perché
perennemente alla ricerca di una approvazione esterna che non arrivava
quasi mai. Ma soprattutto ero sempre lì sospesa, in attesa che il tempo
curasse ogni disagio. Ma il tempo non cura le ferite, non cura niente. Ciò
che cura le ferite è un patto che facciamo con noi stessi. L’importante è
riuscire ad attaccarsi a qualcosa che ci fa stare bene.
Quindi, cara Valentina di ieri, segui sempre la bellezza e regalati la
felicità.

Ha imparato a gestire e a organizzare le immagini come le visioni,
artificiosamente indotte o meno, e soprattutto a sognare a occhi
aperti? Ha imparato a lasciarsi andare?
Quello dell’imparare a visualizzare non è un percorso semplice. Occorre
tanto, tantissimo allenamento ed una grande forza di volontà.
Ma io sono testarda e alla fine, sì, ho imparato. Anche se a volte gli
eventi continuano a frenarmi.

Il titolo del suo romanzo, Per poi svegliarmi in un quadro, è una
sorta di sineddoche, l’espressione della meta di un percorso fatto
di consapevolezza e della vertigine di un dolore, quella parte per il
tutto che ne racchiude, vale a dire ne incornicia, la preziosità.
Un’immagine poetica svelata da un sogno durante un sonno
artificiale. Chi sono i protagonisti?
In quel mio sogno i protagonisti erano due persone sconosciute che si
scambiavano un cuore ed io ero lì, in silenzio, a guardarli. Ma in realtà i                    protagonisti dei miei sogni sono tutte le persone che mi hanno aiutata e
mi sono ancora accanto e non mi riferisco soltanto alla sfera familiare.
In quel sonno artificiale, ritrovarmi in quel quadro (“Dammi il tuo cuore” di
Simone D’Amico) mi ha permesso di trovare la giusta chiave di lettura di
tutto quello che stavo vivendo. Per una vita intera mi sono sentita una
cornice, ora so di essere io il quadro.

Quali sono i suoi programmi e progetti futuri?
Dopo quello che ho vissuto, devo essere sincera, non programmo più il
mio futuro, a meno che non si tratti di viaggi.
Però posso preannunciare che entro Pasqua sarà pubblicata, sempre
dalla BookRoad, una raccolta di racconti futurealistici ed io sono una
degli undici autori. Ho anche pronta una raccolta di poesie e sto
scrivendo un nuovo libro. Ma stavolta non parlerò di me. Sarà un
romanzo storico, ma non aggiungo altro. Tanto ne parleremo alla nostra prossima intervista!

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L’Espatrio, la Storia e Storie di donne al centro di “Cuore a metà” di Neeman Sobhan. Oggi a Roma la presentazione condotta da Andrea Di Consoli

L’Espatrio, la Storia e Storie di donne al centro di  

Cuore a metà di Neeman Sobhan 

Oggi a Roma la presentazione a Roma condotta da Andrea Di Consoli 

Giovedì 21 novembre alle 18.00 

LUNA E L’ALTRA – Via San Francesco di Sales 1/A (all’interno della Casa Internazionale delle Donne) 

Roma, 21 novembre 2024 | Nuova presentazione a Roma oggi 21 novembre  alle 18.00 presso il Ristrò Luna e l’Altra – all’interno della Casa Internazionale delle Donne –, condotta dallo scrittore e critico letterario Andrea DI CONSOLI, del libro “CUORE A METÀVite tra due Mondi” di Neeman SOBHAN, pubblicato a febbraio 2024 da Armando Curcio Editore 

Interverrà con l’Autrice, la scrittrice italo-bengalese Neeman SOBHAN, la giovane Silvia DE MATTEIS, storica dell’architettura, che ha tradotto insieme a Sara Zingarini dall’inglese in italiano il libro. A valorizzare il misconosciuto ai più e invece fondamentale ruolo del traduttore nell’avventura editoriale di un libro, per “portare a casa” il testo in una lingua che non è la sua, in una cultura che non è quella in cui il testo ha preso forma, senza tuttavia snaturarlo, nel rispetto dell’Autore e del Lettore. Un lavoro difficile e preziosissimo, ma spesso invisibile, che vede i traduttori – e soprattutto le traduttrici, che sono più numerose, in Italia l’85% –, fin qui poco valorizzate, anche se più recentemente qualcosa sta cambiando. Laddove invece il loro lavoro è quello di autentiche mediatrici culturali. E implica una grande responsabilità. Come scrive il poeta e critico letterario Valerio Magrelli citando Jean Starobinski, la traduzioneconsiste essenzialmente nell’individuare quello che secondo l’interprete è il centro nevralgico del testo, che può collocarsi in un livello o in un altro”. E così tradurre non è solo una professione, un mestiere coi suoi attrezzi, ma un’esperienza viva e vitale: “Un libro è davvero come una pianta che va innaffiata e protetta e poi lasciata crescere, lo è sia che lo si scriva, sia che lo si traduca” (cit. Anna Nadotti, traduttrice, scrittrice e critica letteraria). 

La lingua peraltro, la lingua madre della scrittrice – il bengali, বাংলা, così come le lingue dei Paesi di adozione delle protagoniste dei 14 racconti nelle sfumature diverse che le parole rivestono nelle diverse culture, attraversa da co-protagonista il libro. Note di linguaggio quindi, inserti di perifrasi e aggiunte, una necessaria contestualizzazione che rimanda agli eventi storici principali dell’India, e poi del Bangladesh, intersecano i racconti, a facilitare il lettore italiano nella comprensione di un mondo, quello della scrittrice e quello di donne come lei, non migranti, ma nomadi per scelta.  

L’undicesimo dei quattrodici racconti darà il titolo al volume, Cuore a metà, e le protagoniste sono donne bengalesi che vivono altrove, in bilico tra il desiderio di rimanere all’estero dove la loro vita si sta dipanando e il naturale desiderio di un ritorno a casa. Personaggi femminili inventati – Naureen, Farida, Putul, Rina, Shayla, Shireen, Tamara, Rupa, Cini, Mina, Sabera, Rumana, Sadia, Shopna, Husna e le altre – alimentati però dalla reale biografia dell’Autrice, in un arco temporale che va dagli anni’50, attraversa la guerra di indipendenza che nel 1971 ha portato alla creazione del Bangladesh e prosegue negli anni a venire. Frammenti della sua vita personale di professionista, insegnante, scrittrice, poetessa, donna, madre entrano, trasfigurati, nella vita delle protagoniste, tra loro legate nell’artifizio letterario, citate le une nel racconto delle altre, l’una parte per un tratto della vita dell’altra. 

Una “cornucopia” dispensa generosa nelle loro esistenze una mescola di diverse culture e identità, che se pure le confonde o in qualche caso genera incomprensione o frustrazione, e rimpianti e nostalgie, non inibisce però in ciascuna di loro, e nell’Autrice, Neeman Sobhan, con loro, la capacità di guardare “oltre”, “oltre i confini materiali e culturali, alla nostra comune, vulnerabile umanità”. E quella di sognare, “in qualsiasi lingua” del mondo. 

* * * 

Neeman Sobhan | Scrittrice, poetessa, editorialista italo-bengalese. Un M.A. in Letteratura inglese e un B.A. in Letteratura comparata conseguiti all’Università del Maryland (Usa). Dal 1978 vive a Roma con il marito economista in pensione dalla FAO, la sua città natale è Dhaka dove torna ogni volta che può. Fino a poco tempo fa insegnante di Inglese e Bengali all’Istituto di Studi Orientali dell’Università “La Sapienza” di Roma. La sua narrativa, scritta in inglese, è apparsa in molte antologie e riviste letterarie. Tra le sue pubblicazioni: una raccolta dei suoi articoli in An Abiding City. Ruminations from Rome (2002); Piazza Bangladesh (2014); le poesie del volume Calligraphy of Wet Leaves (2015). Ha partecipato come protagonista (con Valerio Binasco) al Radiodramma ‘Dhulan, la sposa indiana’ di Melania Mazzucco (regia di Wilma Labate), vincitore di Prix Italia 2001- sezione radiodrammi.  

Silvia De Matteis | La traduzione di questo libro la sua prima, riuscita, esperienza editoriale. Studentessa per un tratto proprio di Neeman Sobhan durante un dottorato, è Dottore di Ricerca in Storia dell’Architettura. Nella sua formazione: PHD in History of Architecture Università “La Sapienza” di Roma; Arts and Heritage Management, Treccani Academy; One-cicle Master’s Degree in Architecture, Università “La Sapienza. In curriculum: Freelence 3D Architecutural Visualizer per la realizzazione di modelli per il restauro della stazione del XIX secolo di Bucarest; Assistant to the Project Manager, Fondazione Pistoletto; Design Intern, Orproject, Londra. Pubblicazioni: con il Prof. Augusto Roca de Amicis, Luigi Vanvitelli’s project for the Loggia di Brescia (2024); I progetti juvarriani del 1714-1717 per il San Filippo Neri: ipotesi di ricostruzione spaziale conference Guarini e Juvarra a Torino (2024); La Piazzetta del Nuovo e il Monastero dei Santi Maria e Andrea di Chieri in Palladio (2023). 

Andrea Di Consoli | Scrittore e critico letterario italiano noto per la profondità e la complessità dei suoi lavori. Autore di romanzi, saggi e articoli, esplora con acume temi legati all’identità, alla memoria e alle dinamiche sociali e culturali del Sud Italia. Con una penna incisiva e uno sguardo attento alle sfumature della psiche umana, Di Consoli è apprezzato per la sua capacità di indagare le tensioni esistenziali e le contraddizioni della realtà contemporanea. Come critico letterario, ha collaborato con diverse testate e riviste culturali, contribuendo al dibattito intorno alla letteratura italiana con analisi lucide e approfondite. Nasce in Svizzera, ad Ulster, nel 1976, da genitori lucani. Vivrà in Lucania dal 1987 al 1996, poi si trasferisce a Roma. Tra i suoi libri: Discoteca (2023), Lago negro (2005), Il padre degli animali (2007), La navigazione del Po (2007), La curva della notte (2008), Quaderno di legno (2009), La Commorienza. La misteriosa morte dei fidanzatini di Policoro (2010), La collera (2012), Il miracolo mancato (2016), Diario dello smarrimento (2019), Tutte queste voci che mi premono dentro (2021). Dimenticami dopodomani, uscito nel 2024 per Rubbettino, con la prefazione di Mario Desiati, “canzoniere realistico e struggente (…) della sua generazione”, è il suo ultimo romanzo. Autore di documentari, tra cui Mater Matera (2015). Ha scritto soggetto e sceneggiatura del film La notte più lunga dell’anno (2021) diretto da regista Simone Aleandri. 

LUNA E L’ALTRA | Ristrò Caffetteria dalle proposte prevalentemente bio e vegetariane, è gestito dalla Cooperativa Sociale “Stella Filante”, all’interno della Casa Internazionale delle Donne, in Via San Francesco di Sales 1/A, il centro culturale propulsore della cultura e delle azioni delle donne, di cui condivide gli obiettivi, anche di sostegno alla produzione artistica femminile, dalle registe, alle scrittrici, alle pittrici. (T. 06-89510870) 

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“E’ andata così” un progetto di e con Martina De Santis liberamente ispirato a “È stato così” di Natalia Ginzburg

E’ andata così

un progetto di e  Martina De Santis

liberamente ispirato a È stato così di Natalia Ginzburg

drammaturgia Martina De Santis

spazio Martina De Santis / Paola Tintinelli / Elisabetta Viganò

luci Paola Tintinelli

suggestioni musicali Martina De Santis

consulenza ai costumi Paola Bedoni e Kokoro Boutiques

consulenza artistica Paola Tintinelli

graphic designer Carlotta Origoni

FORTEZZA EST

21-22-23 Novembre 2024 | h. 20:30

Sul palco di Fortezza Est dal 21 al 23 novembre in scena Martina De Santis con “È andata cosi” un lavoro di composizione originale liberamente ispirato al romanzo breve di Natalia Ginzburg È stato così (Einaudi, 1947) in cui una giovane uxoricida racconta in una confessione serrata e maniacale le vicende che l’hanno portata a sparare.

È andata così è una creatura ibrida: ora spettacolo teatrale, ora confessione con sapore di stand up, ora quasi-conferenza-letteraria, ora report dell’indagine di un omicidio, ora collezione di immagini più o meno note sedimentate nel nostro immaginario collettivo. L’attrice-autrice a partire dal colpo di pistola iniziale del romanzo («e gli ho sparato negli occhi») e da una frattura fisica evocata sulla scena gioca con il testo di Ginzburg saldandogli un racconto autobiografico che riflette sul senso di perdita.

Parla del suo momento apocalittico, a trentatré anni: una caduta mortale in bici a Milano in una giornata già a dir poco sgraziata. Il grilletto lasciato andare, così come il manubrio da cui Martina stacca le mani rompendosi tutta sono il punto fisso dell’oscillare avanti e indietro con la memoria, per ricostruire come in un’indagine la vicenda: di È stato così, ma soprattutto quella personale.

Cosa e chi l’ha portata a fare così poca attenzione a se stessa ed essere così stanca da abbandonarsi a un incidente quasi mortale? Martina gioca col romanzo e attraverso vari passaggi (anche un questionario realmente redatto e proposto a un campione) racconta come è difficile ma necessario lasciare andare per potere finalmente dire a voce alta: “Sì, è così che è andata. È andata così”. E iniziare, di nuovo.

Nel racconto l’autobiografico e la finzione si mescolano, ma non importa se sia una storia vera o meno, vera lo sarà lo stesso. Il tono è lieve perché non è niente di stra-ordinario, è «vita ordinaria di gente ordinaria». Con dei lampi apocalittici, come per tutti: «È la vita stessa ad essere piena di storie» scriveva Hannah Arendt e «We always have stories» cantava Nina Simone.

Quante apocalissi contate nella vostra vita?

Martina De Santis ringrazia per il sostegno e la cura

Sementerie Artistiche / Buster / Ramaya Productions / ExAlge Milano

e Renato Avallone / Paola Bedoni / Luisa Bigiarini / Elisabeth Boeke / Elisa Bottiglieri / Grazia Cavanna / Marta Ceresoli / Pompeo De Santis / Federico Frascherelli / Alessia Gennari / Walter Leonardi / Tieta Madia / Carlotta Origoni / Tommaso Pitta / Gioia Salvatori / Paola Tintinelli / Elisabetta Viganò

E’ ANDATA COSI’

21-22-23 novembre ore 20:30

Fortezza Est Stagione Teatrale 2024/25

SIAMO ARGENTO VIVO – Mutevoli, inquieti, imprevedibili

via Francesco Laparelli, 62 Roma – Tor Pignattara

Orario Spettacoli giov- ven-sab ore 20:30

biglietto unico 12.00€ www.fortezzaest.com info e prenotazioni mail prenotazionifortezzaest@gmail.com

| whatsapp 329.8027943| 349.4356219

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«Spero di provvedere meglio di là!» (don Giovanni Merlini). La visita dei Missionari del Preziosissimo Sangue e delle Adoratrici del Sangue di Cristo nelle Parrocchie San Gaspare del Bufalo e SS. Corpo e Sangue di Cristo a Roma

«Spero di provvedere meglio di là!»  

(don Giovanni Merlini) 

La visita dei Missionari del Preziosissimo Sangue e delle Adoratrici del Sangue di Cristo nelle Parrocchie San Gaspare del Bufalo e SS. Corpo e Sangue di Cristo a Roma 

 In occasione della prossima beatificazione di don Giovanni Merlini, Missionario del Preziosissimo Sangue e III Moderatore Generale dell’Istituto, che avrà luogo il 12 gennaio 2025 alle ore 11:00 presso l’Arcibasilica Papale San Giovanni in Laterano, a Roma, il Centro per l’Evangelizzazione e l’Ufficio di Pastorale Giovanile e Vocazionale stanno visitando le molteplici comunità dei Missionari, sparse sul territorio nazionale, per incontrare i tanti fedeli e sensibilizzarli a questo grande evento. 

Don Giovanni Francilia, vice provinciale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue e Presidente della Commissione per la Beatificazione, afferma che «la beatificazione di don Giovanni Merlini è senza dubbio un grande dono per la Chiesa e, in modo particolare, per noi che viviamo la spiritualità del Preziosissimo Sangue. Merlini diventa per la Chiesa un nuovo intercessore, un punto di riferimento nel nostro cammino di fede, un modello di imitazione di Cristo che ci aiuta a percorrere la via del Vangelo sulle orme di coloro che hanno compiuto lo stesso itinerario prima di noi. Per la nostra Congregazione, questo è un momento di crescita: avere un nuovo beato rafforza la testimonianza di un carisma che il Signore ha suscitato nella Chiesa attraverso San Gaspare del Bufalo e che è stato poi sostenuto da Santa Maria De Mattias, con l’ausilio appunto del suo padre spirituale, don Giovanni Merlini. Queste figure ci ricordano che il traguardo della santità è possibile; sapere che loro lo hanno raggiunto ci incoraggia a seguirne l’esempio. Merlini è stato un uomo che si è lasciato trasformare in uno strumento nelle mani di Dio, dispensando riconciliazione, misericordia e pace, non solo nella profondità dell’anima umana, ma anche tra le persone e i popoli. Con la sua saggezza lungimirante, è stato capace di scorgere la bellezza e la grandezza della volontà di Dio nell’altro. Conoscere Merlini e apprezzarne il carisma, ci sprona a imitarne la disponibilità a fare sempre e soltanto la volontà di Dio, ci insegna a essere osservatori attenti e scrupolosi, capaci di discernere, al momento opportuno, le decisioni da prendere sotto la guida dello Spirito». 

Sr. Nicla Spezzati, Adoratrice del Sangue di Cristo e Postulatrice della Causa, evidenzia che «fedeli all’unica carismaticità delle origini che li vede segnati in modo speciale dalla contemplazione e dall’annuncio del Mistero della Redenzione, nel segno del Sangue della Nuova ed eterna Alleanza, i Missionari del Preziosissimo Sangue e le Adoratrici del Sangue di Cristo hanno iniziato insieme il cammino dell’Annunzio di Grazia, in cui rendono partecipe i Pastori della Chiesa e il popolo di Dio della Beatificazione di don Giovanni Merlini. Questo itinerario li vedrà pellegrini per le strade d’Italia e, in modo in particolare, da venerdì 15 a domenica 17 novembre presso le Parrocchie San Gaspare del Bufalo e SS. Corpo e Sangue di Cristo a Roma». 

Nella Parrocchia San Gaspare del Bufalo, venerdì 15 novembre, dalle ore 9:30 alle ore 18:30, si terrà l’Adorazione eucaristica al Corpo e Sangue di Cristo, con possibilità di colloqui e confessioni. Alle ore 18:30 seguirà la Santa Messa e alle 19:30, nella stessa chiesa, è previsto un incontro aperto a tutti, intitolato: «Don Giovanni Merlini…una vita riuscita». 

Sabato 16 novembre ci sarà la visita agli ammalati, dalle ore 9:00 alle ore 12:30 e dalle ore 16:30 alle ore 18:00. Alle ore 10:00 sarà celebrata una messa presso la clinica “Nuova Latina”, rivolta ai pazienti e agli operatori sanitari. 

Domenica 17 novembre, alle ore 19:00, si terrà la Santa Messa, seguita da una Veglia Eucaristica. 

Nella Parrocchia SS. Corpo e Sangue di Cristo, invece, venerdì 15 novembre alle ore 21:00 è previsto un incontro in chiesa aperto a tutti, dal titolo «Don Giovanni Merlini…una vita riuscita». 

Sabato 16 novembre, la mattinata, dalle ore 9:00 alle ore 12:30, sarà dedicata alla visita agli ammalati. Nel pomeriggio, alle ore 16:00, si terrà un incontro con i ragazzi del catechismo della prima comunione, mentre alle ore 17:00 sarà il turno dei ragazzi della cresima. Alle ore 18:00 seguirà la Santa Messa prefestiva, e alle ore 21:00 la giornata si concluderà con una Veglia Eucaristica. 

Domenica 17 novembre, infine, la celebrazione della Santa Messa avrà luogo alle ore 11:00. 

Roma 13/11/2024 

MANIFESTO MERLINI SAN GASPARE

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Norma Jeane Baker Mortenson ovvero Marilyn Monroe al Teatro Le Sedie di Roma

Venerdì 15 e sabato 16 novembre alle ore 21 al Teatro Le Sedie, Via Veientana Vetere, , 51  Roma

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Cultura digitale, arriva Medioera 2024: giovani donne e innovatori raccontano il presente fra AI, emotività e produzione culturale. La XV edizione del Festival della cultura digitale

Uno specchio della nostra epoca, uno sguardo analitico della nostra società, un racconto sincero della contemporaneità, attraverso le voci di chi ogni giorno vive il tempo presente in prima linea. Con questi presupposti, sbarca a Viterbo dal 14 al 16 novembre e a Zagarolo dal 21 al 22 novembre Medioera, il festival della cultura digitale, giunto quest’anno alla quindicesima edizione.

Nei due fine settimana, si succederanno ritmicamente sul palco professionisti, artisti, ideatori, ma anche accademici e decisori politici, i quali dialogheranno con il pubblico. Protagoniste principali saranno le giovani voci, in particolari femminili, presenti sia come relatrici che nell’organizzazione, che condivideranno esperienze, intuizioni e visioni sulle trasformazioni in atto nella società contemporanea e sul rinnovato modo di percepire il mondo.

Focus principale e approfondimenti – Al centro di questo appuntamento, la nuova «intelligenza culturale», esplorata attraverso tre approfondimenti tematici: l’intelligenza artificiale, l’intelligenza emotiva e la produzione culturale. Ciascun tema verrà affrontato con un approccio multidisciplinare, capace di stimolare il dialogo su questioni sociali, etiche e tecnologiche, per capire come questi aspetti influenzano e modificheranno le nostre vite.

Intelligenza artificiale – Tra etica e innovazione, l’IA sarà analizzata nei suoi impatti concreti nella nostra società, dal miglioramento dei servizi pubblici alla gestione di grandi moli di dati, fino ai rischi associati, quali l’erosione della privacy, l’impatto occupazionale e le conseguenze etiche di decisioni algoritmiche. Il pubblico avrà l’occasione di confrontarsi con esperti e ricercatori che presenteranno studi e case study applicativi per comprendere le prospettive future e le sfide di una tecnologia in costante evoluzione.

Intelligenza emotiva – L’intelligenza emotiva sta progressivamente entrando anche nel design di sistemi digitali avanzati e nelle interfacce uomo-macchina. Il festival offrirà momenti di riflessione sulle conseguenze di una maggiore “umanizzazione” delle macchine e sull’importanza di un approccio emotivamente consapevole in un contesto sempre più digitalizzato. Gli interventi affronteranno anche le sfide legate all’autenticità e alla fiducia, essenziali per costruire relazioni significative tra esseri umani e tecnologie.

Produzione culturale – La produzione culturale è oggi più che mai intrecciata con le tecnologie digitali, che stanno trasformando radicalmente il modo in cui i contenuti vengono creati, distribuiti e consumati. Durante Medioera, esperti e artisti discuteranno dell’importanza di preservare l’unicità delle tradizioni culturali e, al contempo, sfruttare le potenzialità offerte dalle piattaforme digitali per promuovere la diversità e l’inclusività. La discussione includerà esempi concreti su come il digitale possa essere una risorsa per sostenere e ampliare la produzione culturale e come si possa conciliare la velocità di diffusione con la qualità dei contenuti.

Il programma di Viterbo – Il programma della quindicesima edizione include incontri con personalità di spicco: dalla vicepresidente del Parlamento europeo Antonella Sberna (sabato 16) al noto vignettista e commentatore politico Federico Osho Palmaroli (venerdì 15).

Giovedì 14, interverrà Marco Santarelli, esperto di sicurezza informatica, intelligence, terrorismo e infrastrutture strategiche presenterà il suo libro «Sorvegliati e contenti. La sicurezza personale e collettiva nell’era dell’intelligence of things». Lea e Vera Borniotto, gemelle genovesi classe 2000, registe di opere di denuncia sociale e già vincitrici di premi internazionali, dialogheranno sull’«Emotività cinematografica». Jurji Filieri, architetto, designer e curatore svolgerà lo speech «Design thinking per tutti». Le esperte di economia, management e metodi quantitativi Gioia Capati e Chiara Cadorna presenteranno «L’intelligenza artificiale come nuovo stilista».

Venerdì 15, interverrà da remoto Paola Dubini, professoressa associata di Management e Imprenditorialità all’università Bocconi e professoressa di Strategia alla SDA Bocconi School of Management, che indagherà la gestione degli spazi museali, nell’intervento «La cultura è di tutti». Filippo Losito, autore e regista torinese, tratterà «Il viaggio dell’Io e dell’Ia». Luciano Mocci, direttore generale di Federlazio, parteciperà con un intervento dal titolo «Il digitale: una sfida per le imprese». Sarà presente inoltre Saverio Giulio Malatesta, Cultural project manager e responsabile del laboratorio Archeo&Arte3D del centro di ricerca DigiLab dell’Università La Sapienza di Roma, con un intervento dal titolo «Patrimonio culturale, turismo e AI: raccontare e valorizzare il territorio». Filippo Schinaia, creativo nel settore dello storytelling visivo, specializzato in AI art con un background da fashion stylist, dialogherà su «AI e Artista: un processo evoluzionistico e inevitabile».

Sabato 16, l’imprenditore, consulente e docente nell’ambito dell’economia digitale Fabio Lalli parlerà di «AI: il futuro dentro di noi». Luigi Di Gregorio, professore aggregato di Scienza politica all’Università della Tuscia di Viterbo, già esperto di comunicazione istituzionale e analista politico, presenterà il suo libro «War Room. Attori, strutture e processi della politica in campagna». Attesissima la live performance di Girls Who Code, l’organizzazione globale impegnata a colmare il divario di genere nelle materie STEM, offrendo programmi di formazione in coding per ragazze e persone non binarie.

L’appuntamento è a Viterbo dal 14 al 16 novembre e a Zagaralo dal 21 al 22 novembre allo Spazio Attivo Lazio Innova. Con la direzione artistica di Massimiliano Capo, Medioera è organizzato dall’associazione Gioventù Protagonista ETS, con il patrocinio della Provincia di Viterbo, della Città di Viterbo e della Camera di Commercio Rieti Viterbo, in collaborazione con Lazio Innova e la Regione Lazio. L’ingresso è gratuito. Per maggiori informazioni, visitare il sito medioera.it

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In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne riflessioni sul libro di Neige Sinno “Triste tigre”

📌SAVE THE DATE lunedì 25 novembre alle ore 18:30 presso la Libreria “l’altracittà” – Via Pavia, 106 Roma riflessioni sul libro di Neige Sinno Triste tigre con Giuriste in Genere – associazione a tutela delle donne che subiscono violenza.

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“Letter to Hermione”, rivive il mito di Bowie nell’interpretazione aliena di Alessandra Celletti

Letter to Hermionerivive il mito di Bowie nell’interpretazione aliena di Alessandra Celletti

Un’aliena caduta sulla Terra. In concomitanza con il 55° anniversario dalla sua pubblicazione, vede la luce Letter to Hermione nella straordinaria, personalissima interpretazione di Alessandra Celletti. Disponibile su tutti gli store e le piattaforme digitali, il suggestivo arrangiamento piano e voce del brano di David Bowie anticipa l’uscita di “Stop femicides”. Il nuovo attesissimo album della pianista romana.

Alessandra Celletti ci porta in un viaggio sonoro e visivo che richiama la fine degli anni Sessanta, rievocando l’atmosfera sperimentale e creativa di quel periodo. Nella sua Letter to Hermione la performance è volutamente intima e minimalista. Riflette lo stile di Warhol che, dietro la semplicità, nascondeva una riflessione su immagine e superfici, dando significato anche ai dettagli più comuni.

«David Bowie è uno dei musicisti che più amo.» spiega la pianista «Non solo per le sue canzoni ma anche per tutto ciò che rappresenta e soprattutto per la sua libertà artistica. “Letter to Hermione” è una delle prime canzoni che ha composto, e sicuramente non una delle più famose. Tuttavia su di me esercita un grande fascino per quella profonda emotività e per il fatto di raccontare una sua storia molto intima e personale.»

Il brano (https://open.spotify.com/intl-it/track/1j3eZfRdx3BGzyQejeDf7p?si=0a58c274c3054e44) anticipa l’uscita del nuovo lavoro, “Stop femicides”. Un disco coraggioso dove Alessandra Celletti affronta il tema del femminicidio attraverso lo sguardo inedito della sua musica. Il primo album in cui si propone come “cantante” interpretando canzoni iconiche, amate in tutto il mondo, che portano nel titolo un nome di donna.

Letter to Hermione è una gemma incastonata nella raccolta, resa ancor più preziosa dalla ricorrenza del 55° anniversario della sua pubblicazione il 14 novembre 1969. Bowie la compose per Hermione Farthingale, una ballerina e attrice che incontrò nel 1968 e con cui ebbe una relazione sentimentale importante. Lei però lo lasciò per trasferirsi in Scandinavia per lavoro. Una rottura dolorosa che lo influenzò profondamente, portandolo a scrivere questa canzone come una sorta di addio e riflessione sui sentimenti che provava per lei. Non l’ha uccisa, ma le ha dedicato una lirica che l’ha resa “immortale”.

«Nel mio arrangiamento ho cercato di evidenziare soprattutto il tono malinconico e riflessivo.» continua Alessandra Celletti «La vulnerabilità di un artista che “cadde sulla Terra”. Forse Bowie mi piace così tanto perché anche io a volte mi sento un essere “indefinito” caduto su questo strano pianeta. Un’“aliena” che ha fatto fatica ad ambientarsi ed orientarsi e che però, grazie alla musica, ha potuto trovare una strada costellata di suoni.»

Il video (https://youtu.be/PzLYvJ2_9ww), girato interamente con un telefonino, ricorda le produzioni semplici dell’epoca, dove i pochi mezzi tecnici erano compensati da una forte ricerca espressiva. Ispirandosi all’estetica di Andy Warhol, il regista Dario Zaid crea un mondo in cui spontaneità e immediatezza diventano strumenti per trasmettere emozioni profonde.

Alessandra Celletti

Pianista di fama internazionale, Alessandra Celletti ha all’attivo una carriera concertistica in Italia, Europa, Africa, India e Stati Uniti. Oltre venti produzioni discografiche e milioni di ascolti su Spotify. Parte da una formazione classica, tuttavia l’attitudine a sperimentare moltiplica le sue esperienze con deviazioni interessanti anche nel campo del rock, dell’avanguardia e dell’elettronica. Tantissime le collaborazioni con artisti italiani, da Gianni Maroccolo a Claudio Rocchi, ai Marlene Kuntz, a Franco Battiato. E non mancano neppure i featuring internazionali, tra cui quello con il mitico Hans Joachim Roedelius, pioniere dell’elettronica tedesca con Brian Eno e i Cluster. Nella primavera 2024 “il più bel segreto della musica italiana” – com’è stata definita l’artista romana – pubblica “Ultraminimal – Piano essence”. Un viaggio sonoro nell’infinitamente piccolo che continua a riscuotere grandissimi apprezzamenti da pubblico e critica. L’8 novembre 2024, in concomitanza con il 55° anniversario dalla sua pubblicazione, vede la luce “Letter to Hermione”. Una suggestiva, personalissima reinterpretazione piano e voce del brano di David Bowie, che anticipa l’uscita di “Stop femicides”, il nuovo album di Alessandra Celletti.

lnk.bio/alessandracelletti

Roma, 8 novembre 2024

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Tra le luci e le ombre “dell’altra metà della vita”. Intervista ad Andrea Mattioli

Tra le luci e le ombre dell’altra metà della vita  

Intervista ad Andrea Mattioli 

a cura di Luca Carbonara

Che cosa ha significato per lei, dal punto di vista più personale, e per il suo percorso di vita studiare in un prestigioso Conservatorio e acquisire, a un tempo, una forma mentis e una cultura, una formazione musicale? Che strumenti può offrire oggi la musica nell’interazione e interpretazione della realtà? 

Andrea Mattioli

Grazie mille per la domanda. Studiare in un Conservatorio ha avuto un impatto profondo sulla mia vita, non solo in termini di formazione musicale, ma anche per la forma mentis che questo percorso mi ha aiutato a sviluppare. La disciplina musicale, infatti, mi ha insegnato a pensare in modo sfaccettato, a “ragionare su più livelli” e ad avere una visione d’insieme, invece di limitarmi a un solo punto di vista, anche se non sono riuscito a ottenere il diploma finale. L’armonia, per esempio, è il risultato di una combinazione di strumenti e note diverse che dialogano tra loro, e questo principio riflette molto bene il mondo complesso in cui viviamo oggi. Per molte persone, la musica non si trasforma necessariamente in un lavoro, a causa degli alti livelli di competenza richiesti. Tuttavia, anche solo come percorso di studio, la musica offre strumenti preziosi per interpretare la realtà: ci aiuta a sviluppare flessibilità mentale, attenzione ai dettagli e capacità di ascolto, qualità essenziali anche al di fuori dell’ambito musicale. Per quanto riguarda il valore della cultura, è vero che, in un certo senso, essa “non serve a niente,” e proprio per questo non è serva di nessuno. 

Da Clio, la musa del canto epico, a Euterpe, la musa della poesia lirica, la Musica è la regina delle arti che imbeve della propria essenza e del proprio spirito ogni attimo della nostra vita che non potrebbe esistere senza di essa. Come è nata in lei la passione per la scrittura e quanto in questa ha trasfuso dei suoi studi di composizione? Che differenza c’è, in primis a livello di ispirazione, tra scrivere e suonare? 

La passione per la scrittura è nata quasi in parallelo a quella per la musica, che ho coltivato fin da bambino, e si è intensificata durante l’adolescenza, anche grazie a un interesse quasi “ossessivo” per la filosofia. Ho iniziato a scrivere racconti a sedici anni, vedendo nella scrittura uno strumento per raccontare il reale, ciò che spesso percepivo ma che sembrava quasi “tabù” affrontare apertamente. Nei miei primi romanzi, la musica e la letteratura si intrecciavano, mentre oggi la scrittura ha preso il sopravvento. La scrittura mi ha sempre dato un impulso irrequieto, uno sfogo impulsivo, mentre la musica era il contraltare, una ricerca di bellezza. Diciamo che ho bisogno di entrambi: nella musica trovo serenità, nella scrittura cerco di esplorare e raccontare ciò di cui la gente non vuole parlare, ma che mi sento il dovere di esprimere. 

La cover del romanzo di Andrea Mattioli

Nel suo ultimo romanzo L’altra metà della vita, edito da BookRoad come i tre precedenti La sinfonia proibita (2019) e L’antica profezia (2021) e Lui (2022), lei sembra, già dal titolo, “giocare” sul dualismo, sulla dicotomia, sull’antinomia, sull’antitesi, di visione e di sentimento, della vita stessa, dimidiata tra bene e male, luci e ombre, e, dunque, tra canto e controcanto. E, ancora, sul rompersi, sullo spezzarsi di un’armonia, elemento ancora una volta essenziale della musica, di un percorso di vita che sarà diverso, opposto per i due protagonisti Luca e Simone sin dallo loro più tenera età: improvvisamente traumatico per l’uno, all’età di otto anni, lineare e “normale” per l’altro. Che cosa vuole dirci questa storia che vede improvvisamente e crudelmente divaricarsi il destino di due ragazzi dalle vite fino a quel momento tranquille e caratterizzate per lo più da spericolate e spensierate corse in bicicletta nella nativa città di T.? 

La storia vuole comunicare il non giudizio e il fatto che spesso ci troviamo a vivere vite e fare scelte che non abbiamo vogliamo, né possiamo prendercene la responsabilità. Luca, come Edipo, è condannato a un destino avverso, dal quale fin da subito cerca di districarsi, di risorgere, di combattere, pur sapendo che la sua sconfitta è inevitabile. Simone, invece, è una vita che cade in una dinamica senza colpe, come tutti i personaggi del romanzo. L’abuso sessuale ai danni di Luca costringe tutti intorno a lui a “subire” una vita che non avrebbero mai voluto vivere. È una lotta per la vita, un’agonia di sopravvivenza: i personaggi non vivono, ma sopravvivono, sempre destinati alla tragedia. Simone cerca riscatto nella fuga, Luca cede alla rabbia e si trasforma in carnefice. Entrambi diventano “gli ultimi” a cui è dedicato il romanzo, rappresentando tutti coloro che combattono battaglie pur sapendo di partire già sconfitti. È un continuo inseguire ciò che manca. Non avendo gli strumenti emotivi per superare l’abuso subito da Luca, tutti i personaggi cercano nelle altre vite la soluzione ai propri vuoti. In questo inseguire senza fine, si riflette un po’ l’angoscia di Kierkegaard, che perseguita queste esistenze: la consapevolezza di non poter mai colmare veramente il proprio vuoto, e di restare intrappolati in un circolo di sofferenza e ricerca infinita. 

La violenza, l’abuso subito da Luca ancora in tenera età da un ragazzo più grande, ancora una contrapposizione, darà il La alla calata del sipario, al sopraggiungere delle ombre e al prevalere del silenzio figlio dello shock che non a caso prevarrà e porterà Luca a nascondere il suo dolore e a nascondersi a e dagli altri suoi coetanei i quali, Simone compreso, lo dileggeranno e faranno oggetto di bullismo. Rimasto solo sarà per lui una caduta agli inferi che lo renderà preda dei più oscuri demoni e vittima della droga che lo porterà a un passo dalla morte. Il riscatto e la rinascita arriveranno proprio quando, da solo, riuscirà a rompere quella gabbia di silenzio e di dolore e ad andare in terapia grazie alla quale troverà la forza di denunciare l’abuso che tutto e tutti sconvolgerà. Cos’è che prima divide, rompendo drammaticamente l’armonia, e poi unisce i destini degli uomini? 

Da bambini, siamo inevitabilmente portati all’imitazione, soprattutto dei genitori, e spesso lo viviamo come un gioco. Luca, nella sua sofferenza, non ha mai potuto raccontare nulla, sapendo che non sarebbe stato compreso o, peggio, deriso. Ma quali strumenti hanno i bambini, e poi gli adolescenti, se per tutto quel tempo di “gioco” vedono solo giudizi sul diverso o l’insegnamento della sopraffazione sugli altri? Quali scelte restano loro, se crescono dentro questi modelli? Cos’è che livella e riporta tutto a una somma zero? La morte, o meglio, la paura della morte. L’overdose, la denuncia che ne è seguita, il funerale della madre di Luca, l’ictus: sono le soluzioni che la vita offre per ritornare a questa drammatica armonia. Solo attraverso la paura e il lutto, che si trasformano in sofferenza, si arriva a comprendere che molti degli strumenti appresi nell’infanzia non servono a nulla, anzi, possono essere dannosi. Quando ci rendiamo conto che i nostri genitori, che da bambini vedevamo come supereroi, sono persone “normali”, tutto cambia e ci mette di fronte a una domanda cruciale: chi sei davvero? Le scelte che hai fatto, le hai fatte per te o per accontentare i tuoi genitori? Nel romanzo, dedico molto spazio alla terapia psicologica, perché oggi è una delle strade migliori che una persona possa percorrere per conoscersi e guarire. La storia invita a riflettere su come ogni gesto abbia conseguenze enormi sul mondo che ci circonda: una discussione davanti ai figli, un grido contro la televisione durante un dibattito politico. La “polvere sotto il tappeto” può ancora funzionare, o finisce solo per creare danni incalcolabili? È una riflessione profonda: dobbiamo sempre arrivare alla morte per comprendere le cose o riappacificarci? 

 Simone, diventato giornalista, la cui vita è scorsa solo apparentemente in modo più lineare, in qualche modo anche lui in fuga e rimasto legato da un filo invisibile alla città dell’infanzia, rimarrà sconvolto dalle rivelazioni di Luca e, vinto da un insostenibile senso di colpa, riscatterà il dolore dell’amico scrivendo e consegnando ai lettori le sue memorie. Una vittoria sul silenzio e sulle sue più cupe ombre dunque. È questo il senso ultimo, il valore salvifico della scrittura e, per estensione, della musica, la partitura per eccellenza? 

 Il “potere salvifico” è un concetto che evoca molte emozioni. Credo che sì, la scrittura, sia musicale che letteraria, possa davvero salvare le persone, ma solo a condizione di raccontare la verità. Fin dall’inizio, ho scelto di comunicare la verità, di confrontarmi con il lettore, di provocarlo, di infastidirlo, come uno spillo che penetra sotto la pelle, parola dopo parola. Penso che il racconto del reale possa aiutarci: ci permette di vedere che, in fondo, non siamo soli, che molti di noi vivono in prigioni di cui hanno perso la chiave e forse quella chiave non si sa come l’abbiamo noi che guardiamo da fuori. Il silenzio a volte può essere costruttivo, ma il silenzio che avvolge il mondo è pericoloso. Dante, per esempio, relega gli Ignavi fuori dall’inferno, condannandoli a pene terribili, perché il silenzio verso il reale è la non-scelta. Restare in silenzio significa diventare i primi carnefici di noi stessi e del mondo intorno a noi. Dobbiamo prima di tutto provocare noi stessi, avere il coraggio di instillare dubbi, e poi ascoltare: quante persone come Luca esistono nel mondo? Dobbiamo osservare e dare voce a queste persone, agli ultimi. Ed è proprio questo che fa Simone. Dona una storia – una storia tragica e senza speranza, certo, ma pur sempre una storia su cui riflettere. 

Crede, o meglio teme, che l’intelligenza artificiale, le cui applicazioni hanno già portato robot a comporre ed eseguire brani di musica classica come a scrivere opere letterarie, arriverà a soppiantare l’uomo e i frutti del suo ingegno e della sua sensibilità? 

È una domanda intensa, che apre scenari complessi. Credo che l’intelligenza artificiale rappresenti una grande opportunità per tutti. Per quanto riguarda il rischio di “soppiantare” l’uomo, penso che questo processo sia iniziato già negli anni ’60, come anticipavano filosofi come Heidegger o Günther Anders. L’intelligenza artificiale non fa altro che amplificare un percorso già avviato, un’evoluzione inevitabile. Tuttavia, l’IA funziona solo su input, e penso che l’emozione umana, l’arte autentica, quella che definiamo “salvifica”, sia impossibile da replicare o sostituire. Piuttosto, dobbiamo cambiare prospettiva e approccio verso questa nuova forma d’intelligenza. Certo, può incutere timore, ma una buona comprensione delle teorie della Scuola di Francoforte può aiutare a vedere l’IA come il proseguimento di un processo che ha preso il via decenni fa e che ora accelera a velocità vertiginose. Ciò che forse manca è proprio la comprensione: comprendere la storia e imparare da essa, una lezione che, a giudicare dall’attualità, l’umanità sembra non aver ancora appreso del tutto. 

Quali sono i suoi programmi e progetti futuri? 

Ho molti progetti in cantiere. Ho appena terminato il mio quinto romanzo, in cui esploro le relazioni e mi chiedo se i valori tradizionali che ci sono stati insegnati siano ancora validi o se dobbiamo prepararci a un cambiamento anche in questo ambito. Al centro del romanzo c’è una domanda provocatoria: possiamo considerare la gelosia un disturbo mentale, alla stregua di altre patologie psichiche? Questo lavoro mi ha anche ispirato a creare un podcast, che uscirà nei prossimi mesi, in cui affronterò il tema delle relazioni, sempre più complesse e fluide. Inoltre, ho già iniziato a scrivere le prime bozze del mio sesto romanzo. Le idee non mi mancano, e ho almeno cinque abbozzi di nuove storie nel cassetto, pronti per essere sviluppati. 

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Riprende il via la Rassegna “DONATORI DI MEMORIE” organizzata dall’Associazione culturale RIACHUELO – Pro Loco San Lorenzo

Martedì 29 ottobre 2024 ha ripreso il via la Rassegna “DONATORI DI MEMORIE” organizzata dall’Associazione culturale RIACHUELO – Pro Loco San Lorenzo, nella sede di Via dei LATINI 52 a Roma. La manifestazione, che si protrarrà fino a martedì 3 dicembre, prevede la realizzazione di una serie di incontri e “feste” con personaggi che hanno attraversato il quartiere San Lorenzo in qualità di protagonisti o testimoni, lasciando un’impronta nella storia sociale e culturale di quest’angolo di Roma.  

Storie importanti, alcune forse poco note, ma tutte finalizzate a una narrazione corale, genuina e senza infingimenti, di una zona sospesa tra arte, socialità e militanza.  Ciascun incontro, – video-registrato e conservato – si pone come un tassello necessario alla costruzione di un Archivio digitale capace di dar conto delle molteplici esperienze del quartiere. Nell’evento dello scorso 23 ottobre, la funzionaria archivista di Stato Caterina Arfè ha parlato dell’importanza della Archivistica e delle Fonti orali. È stato poi proiettato il documentario P-artigiano prodotto da Blue CinemaTV di Daniele Baldacci. 

 Il secondo incontro, tenutosi martedì 5 novembre, è stato dedicato a Biagio Propato, poeta on the road di San Lorenzo con proiezione del film Poeti di Nino D’angelo. Testimoni sono stati studiosi, amici e parenti.

Protagonisti dell’incontro del 12 novembre saranno Giuseppe Sartorio, scultore del quartiere, detto “il Michelangelo dei morti”, misteriosamente scomparso nel 1922, e il villino da lui costruito su via Tiburtina. I donatori di memorie saranno, in questa occasione, l’erede saranno Margherita Mastropaolo e lo storico Andrea Amos Niccolini. 

 Il 19 novembre si terrà un incontro dal titolo A proposito del Pastificio Cerere, la Scuola di San Lorenzo. A raccontare sarà Roberto Gramiccia, amico, dai primi anni ’80, degli artisti del Palazzo e Alberto Dambruoso, storico dell’arte.  

Il 26 novembre la ricercatrice Serena Donati ricorderà l’esperienza preziosa di Simonetta Tosi e la realizzazione nel 1976 a San Lorenzo del Consultorio autogestito. 

Il 3 dicembre Mauro Papa sarà infine il testimone dell’esperienza politica del padre Carlo, autore della scritta “Eredità del fascismo, vergata su una delle pareti di un palazzo crollato sotto le bombe alleate del 1943.  

Pro Loco San Lorenzo, Via dei Latini, 52, info: 3391467003 

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