a cura di Luca Carbonara (estratto dell’intervista)
Lei è considerato, e a ragione, tra i più originali e interessanti scrittori viventi: qual è il suo rapporto con la notorietà (personalmente apprezzo molto la sua riservatezza e il suo carattere schivo) e come preferisce definirsi?
Sono uno che scrive storie, ma di tutti i sostantivi e aggettivi che si possono fare intorno al mio nome preferisco quello di vivente. Non posso abituarmi al privilegio di essere noto, del resto questo mi accade solo in qualche esercizio commerciale, in libreria sì dal farmacista no.
Che cosa significa essere nato a Napoli e qual è il suo rapporto con questa città unica al mondo?
Provengo da questo luogo e dalla sua parlata, sono uno dei tanti effetti di una città causa.
La sua vita vissuta, il suo iter formativo, l’impegno politico, l’approdo alla scrittura: c’è una possibilità che esista sempre una circolarità, una coerenza, un’identificazione tra quello che siamo e quello che facciamo?
Mi sono tenuto compagnia con la scrittura e con la lettura già da ragazzino e questa è ancora oggi la migliore compagnia del mio tempo. Non riconosco in questo, e in qualche altra ostinazione, la coerenza, piuttosto una lealtà verso le ragioni di un isolamento.
Scrivere una storia, dare vita a dei personaggi che vivono dentro di noi chiedendoci di uscire: che cosa accade quando scrive? C’è qualcosa di arcano, di misterioso nel momento sublime dell’atto creativo?
Racconto storie mie, accadute, svolte. Un lettore legge dei personaggi, per me sono state persone. Non chiedono di uscire, sono io invece che quando li ricordo anche li convoco, li costringo a tornare per il secondo tempo della vita che è la scrittura. Mi succedono ritorni, niente di sublime.
Innumerevoli le domande che verrebbe spontaneo porle anche solo scorrendo la sua ampia bibliografia (colpisce il carattere simbolico ed evocativo dei titoli delle sue opere): c’è un filo conduttore che le unisce?
I titoli delle mie storie sono presi da frasi pronunciate da qualcuno all’interno della narrazione. Sono frammenti, o frantumi, come il resto di cose che scrivo.
Che cosa significa per lei religiosità e qual è il suo rapporto con la fede?
Sono uno che ogni giorno legge scritture sacre in lingua originale, restando non credente. Non posso rivolgermi con il tu alla divinità. La escludo dalla mia vita, non da quella degli altri.
Qual è il significato più vero della maternità di Maria?
La maternità di Miriam/Maria è il compito portato a lieto fine da una ragazza madre contro tutte le avversità del tempo e delle leggi. È un atto di libertà suprema che coincide con un’obbedienza.