“Animamundi”. Mistica e surrealismo nell’esposizione di quattro artiste

Animamundi 

Mistica e surrealismo nell’esposizione di quattro artiste  

a cura di Ginevra Amadio 

È una mostra corale quella che Laura Catini ha curato con acribia e dedizione nei locali dello Spazio Hangar alla Magliana (Via Ernesto Nathan, 41), quartiere dal genus loci vivissimo, contraddittorio, formatosi per stratificazioni fisiche e metaforiche e capace di rinascere alla vita assorbendo nuove lezioni, suggestioni impensate. 

Animamundi, questo il titolo dell’esposizione, si configura come un viaggio in un’altra dimensione, una porta sull’inconscio, sulla memoria, su un’idea di femminile spirituale e disorientante in cui i sensi dominano sulla coscienza, l’attesa sulla presa d’atto. Quattro artiste dalla sensibilità affine – Giulia Apice, Diana Pintaldi, Cristina Piciacchia, Maura Prosperi – danno corpo a una catabasi finalizzata alla rigenerazione, una discesa agli ‘inferi’ del luogo in cui operano che si carica di valenze simboliche, riscopre le sue origini mitiche e appare depurato da scorie, come in un tuffo nell’acqua-madre, potente allegoria del venire al mondo. 

Non è un caso che l’installazione di Prosperi, Sospinta, Mideosopsie, presenti umanoidi collocati in uno spazio marino, piccoli corpi che rompono la superficie della realtà visibile e offrono una prospettiva altra, un tuffo nel liquido amniotico che equivale al ritorno a una vita prenatale e al tempo stesso richiama l’habitat dell’occhio umano, l’iride acquoso che restituisce visioni ‘superiori’, in grado di deviare lo sguardo, di frantumare il piano dell’abitudine. 

Così anche la storia illustrata nel diario di Piciacchia, Due alberi, un oggetto parlante che già dalla legatura copta svela il carattere di opera d’arte e si carica poi di significati ulteriori, in un dialogo tra acquerelli e carta che dà vita a un percorso in itinere, in cui l’artista indaga «le tre dimensioni del passato-vissuto, presente frequentato e futuro visionario», sfogliando pagine di manufatto che racconta la ciclicità dell’essere, tra spazi fisici e mentali di carattere arcadico, sospesi tra metafisica e impressionismo. 

Stessa prospettiva evocata da Diana Pintaldi in Essere nel tempo e nello spazio infinito, opera di inedita raffinatezza, un ricamo in codice Morse su lenzuolo nero, quasi a evocare le falle del linguaggio, il difetto che vizia la corrispondenza ‘normale’, quotidiana, tra le parole e le cose, chiamate qui a costruire un idioma nuovo, in aggiornamento, come mostra il carattere dell’opera stessa, potenzialmente interminabile. Sabbia, candele specchi, luce al led ed involucro di elio: tutto contribuisce all’edificazione di un nuovo rapporto tra significante e significato, con la rottura del fattore-terra e del concetto di margine, sì che l’energia appare catalizzata verso nuove dimensioni, nuove fonti ‘solari’.  

L’esposizione si conclude – e al tempo stesso si apre, a seconda delle prospettive, perché l’anima del mondo è mutevole – con Al di là di Giulia Apice, opera pittorica su lenzuolo, affissa sulla vetrata d’ingresso alla Sacrestia, al piano terra dell’edificio che comprende lo Spazio Hangar. Ed ecco la soglia, il limite, quel muoversi in bilico tra realtà e rappresentazione, tra sguardo e immaginazione, laddove l’individuo appare sfumato, come un calco dai contorni smarginati, ricordando una Sindone ora mistica ora pagana, dove Cristo si ricongiunge agli Arvali e tutto è permeato di grazia, mistero. Il flusso indefinibile di ciò che chiamiamo vita.  

PH: Francesca Pascarelli

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