“Palladio a palla!” pura energia e vitalità in musica. Intervista ai Gogoducks Francesca Remigi, Luca Zennaro e Paolo Peruzzi

Palladio a palla! Pura energia e vitalità in musica 

Intervista ai Gogoducks  

Francesca Remigi, Luca Zennaro e Paolo Peruzzi 

a cura di Luca Carbonara 

L’eclettismo che contraddistingue come stigma e marchio indelebile il vostro percorso musicale si rivela ab origine anche nel vostro nome che risuona letteralmente di un’onomatopeica effervescenza e duttilità. Come e quando nasce il vostro gruppo e qual è il recondito significato di una scelta così originale? 

Villa Maser, foto di Elisa Caldana

Francesca Remigi: I GOGODUCKS nascono nell’estate del 2022. Con Paolo avevamo deciso di trovarci a Verona per fare una suonata e in maniera molto spontanea e anche abbastanza random abbiamo chiesto a Luca se avesse avuto piacere di unirsi. Da subito si è instaurata una bella intesta fra di noi, e presto ci siamo resi conto delle interessanti potenzialità timbriche e compositive di questo trio bass-less apparentemente anomalo e limitato. Già a luglio 2022, dopo le nostre prime 2 prove, ci siamo iscritti al concorso Conad Jazz contest di Umbria Jazz. Per parteciparvi serviva un nome: in maniera anche qui abbastanza casuale e giocosa, inizialmente avevo optato per “Le Anatre”. Poi abbiamo “inglesizzato” il nome e ciò che ne è venuto fuori è stato GOGODUCKS, in rimando anche al gruppo supporter dei pinguini GOGO PENGUIN.  

Cosa vuol dire per voi suonare e come vivete il momento sacro dell’ispirazione, prima, e della composizione poi? Avvertite in questi, come fu per Rilke, un carattere medianico? 

La cover del nuovo disco dei GOGODUCKS

Luca Zennaro: Credo che per ognuno di noi il processo dell’ispirazione e della composizione sia diverso, in quanto anche se abbiamo lo stesso “background” jazzistico abbiamo ascolti e gusti musicali diversi. In particolare per la composizione di questi brani abbiamo avuto un punto di partenza molto specifico: le ville palladiane, che con la loro architettura ci hanno fornito le basi per la creazione dei nostri nuovi brani. Quindi non c’è stato molto spazio per “l’ispirazione”, nella quale io non credo molto; in quanto c’è da sempre il famoso mito dell’artista che grazie all’ispirazione riesce a comporre/dipingere/scrivere senza sforzo ottenendo un lavoro straordinario. Qui c’è stato un gran lavoro di squadra, in quanto ognuno di noi ha portato il suo scheletro di composizione, preso dalle planimetrie delle ville palladiane, sul quale poi abbiamo lavorato insieme durante la residenza. Quindi, in fin dei conti,  direi che c’è stato molto più “lavoro” che “ispirazione” per noi per quanto riguarda questo processo creativo. 

La vostra ultima fatica musicale Palladio a palla!, il disco uscito il 6 settembre u.s. anticipato dall’uscita dei singoli Hang Arano (26 luglio), Broder (9 agosto), At the roundabout (23 agosto), trentunesima produzione per nusica.org, associazione culturale ed etichetta musicale particolarmente attiva nella promozione e nel supporto di artisti innovativi., rivela, e al tempo stesso conferma, già nel titolo la vostra straordinaria capacità di “giocare” con le parole, di fare calembours, di leggerle in filigrana, sviscerandone e leggendone il loro più recondito significato. Come avete fatto a trovare la chiave per vincere quest’ardua sfida: a dare cioè vita a un connubio tanto singolare tra la Musica, la regina delle arti, l’Architettura, sintesi e paradigma anch’essa delle arti e delle scienze, che trova la sua sublimazione nella visione palladiana, e quell’universo digitale sempre più in espansione? 

Villa Maser, foto di Elisa Caldana

Paolo Peruzzi: La chiave sta nell’esperienza che ognuno di noi ha accumulato in tutti questi anni. Non siamo certo dei veterani, siamo giovani e desiderosi si imparare ancora tanto, ma non credo di sbagliare nel dire che ognuno di noi, a proprio modo e con la propria visione artistica, crede profondamente in quello che fa, e lo insegue con passione e costanza da molti anni. Questo lavoro non è un punto d’arrivo, ma un punto di partenza. Ci siamo fidati del nostro istinto e della nostra esperienza, e abbiamo affrontato quella che potrebbe sembrare un’ardua sfida con grinta e costanza. Unire dei punti apparentemente distanti (musica, architettura e mondo digitale) ci ha divertito ed arricchito, forse grazie all’approccio che abbiamo deciso di adottare: semplicità, spontaneità, serietà – senza cadere nella seriosità che facilmente guida in direzioni sbagliate. 

Palladio a palla!, composto da nove vibranti brani, vincitore del bando “Per Chi Crea” di SIAE, con il sostegno del MIC, vuole essere un sentito omaggio a uno dei più grandi e visionari artisti della Storia con il valore aggiunto di essere stato realizzato attraverso un viaggio della mente e del corpo nelle terre venete dove Andrea Palladio nacque e diede corpo e anima alle sue opere, un viaggio nelle nove ville palladiane note in tutto il mondo per la loro sacrale bellezza. Come avete fatto, con la stessa versatilità con cui riuscite con le parole, autentici capolavori i titoli dei vostri brani, a “leggere” la musicalità, l’armonia, il timbro, il ritmo, l’estro, l’armonica eleganza con cui vibrano le forme, la geometria, il carattere compositivo, insiti nella materia che avete tradotto in musica? Come avete fatto, come riuscì mirabilmente a Palladio nel suo “sentire” architettonico, a raggiungere l’equilibrio nella gestazione del vostro corpus compositivo tra visione lineare ed estro, tra improvvisazione e armonizzazione? 

Francesca Remigi: Per far convergere l’architettura palladiana in musica abbiamo intrapreso un lavoro di “traduzione in suoni” di una selezione di 9 Ville Palladiane, in ordine come nel disco abbiamo Villa Malcontenta, Villa Angarano, Villa Badoere, Villa Capra La Rotonda, Villa Cornero, Villa Emo, Villa Poiana, Villa Barbaro e Villa Serego. Il tutto è iniziato con la visita ad alcune delle ville e con l’approfondimento e lo studio dei rispettivi disegni planimetrici. Da lì abbiamo individuato una serie di rapporti numerico-matematici (utilizzando come unità di misura il metro, la distanza tra una colonna e l’altra piuttosto che la scansione delle arcate all’interno delle facciate) che sono stati il punto di partenza per la creazione di serie intervallari, melodie, accordi, metriche di diverse durate e poliritmi che abbiamo adoperato come scheletro dei nostri brani. Andando a visitare le ville, abbiamo avuto anche un riscontro emotivo importante che è racchiuso inevitabilmente nel nostro lavoro discografico. Il tutto è poi stato ricucito e legato insieme dall’elettronica di Sergio e di Luca, e dalla pratica dell’improvvisazione non idiomatica. Penso che le contaminazioni elettroniche e il progetto audiovisivo creato da Sergio per Palladio a Palla! aiutino ad attualizzare il nostro concept e a colmare quel gap di cinque secoli che ci separa dall’epoca di Andrea Palladio, rendendo più accessibile la performance al pubblico di oggi. 

La musica jazz, il vostro marchio di fabbrica, anche richiamando la primitiva declinazione del be-bop, quanto ha influenzato lo spirito e la vis creativa della vostra ricerca musicale imbevendone l’essenza? 

Luca Zennaro: Luca: Come dicevo prima veniamo tutti dal jazz, ed è il nostro “common-ground”, nonostante questo credo che ognuno di noi con questo disco sia riuscito ad esprimersi liberamente, quindi senza limiti di stile e di linguaggio. Il motivo per il quale “Palladio a palla!” viene etichettato come “disco jazz” è che alla base di tutto c’è l’improvvisazione, che è l’elemento principale della musica che suoniamo. Detto questo, la caratteristica che rende questo progetto unico e originale è che l’improvvisazione viene fondata su strutture ispirate alle architetture palladiane, in poche parole suoniamo letteralmente le Ville Palladiane e improvvisiamo su di esse. 

Qual è il vostro rapporto con l’intelligenza artificiale? In che termini e misura potete immaginare di dialogare con essa? 

Paolo Peruzzi: Oggi digitali sono tante cose: i giornali, le sigarette, la produzione artistica, la direzione che prendono le nazioni pensando al futuro. L’intelligenza artificiale non è altro che un gioco umano, una creazione limitata di un qualcuno a sua volta limitato. Non è giusto bannarla, ed è importante rimanere consapevoli che può essere d’aiuto all’uomo e non viceversa. È anche giusto giocarci, perché no, anche per creare qualcosa che stimoli l’ascoltatore a riflettere sul ruolo che una parte di umanità sta assegnando ad essa. Noi abbiamo scelto di dialogare con l’AI attraverso un umano – aka Sergio Zacco – creative coder e artista, nonché caro amico che ha scelto di salire a bordo per questa esperienza con noi. Abbiamo affidato a lui la parte digitale creativa in questo progetto. Aggiungere l’ingrediente digitale ad un lavoro che inizia da delle ville del XVI secolo è stato stimolante e divertente. Un gioco, quello che vorrebbe essere la musica. 

Quali sono i vostri programmi futuri? 

Francesca Remigi: Saremo il 4 novembre a NOF a Firenze, il 5 al Binario69 a Bologna, il 7 al Dekadenz di Bressanone e chiudiamo il 2024 con una data al Torrione di Ferrara il 20 dicembre. Per l’anno prossimo abbiamo già qualche richiesta in forse ma per scaramanzia non ci sbilanciamo.

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